Chi siamo

Abitare, Lavorare, Educare

Progetto sperimentale di accoglienza, inclusione ed inserimento della donna adulta fragile.

Lo scopo per cui è nata “Casa di nostra Signora” è quello di rispondere alle esigenze delle donne in dicoltà e a una funzione di aggregazione e collaborazione tra tutte le Associazioni che, a vario titolo, operano sul territorio diocesano nel settore della formazione e promozione morale, civile e culturale della donna.

Essere un punto di riferimento emblematico, dunque, dell’attenzione della Chiesa cremonese alla condizione femminile, soprattutto nei suoi aspetti più fragili.

Introduzione

La condizione delle donne, nel contesto cremonese, della città e dei dintorni, è problematica, oggi più di un tempo e necessita di risposte consistenti, nuove e multisettoriali. Il progetto di “Casa di Nostra Signora: abitare, educare, lavorare. Progetto sperimentale di accoglienza, inclusione e reinserimento della donna adulta fragile” ha un’origine complessa e una molteplicità di motivazioni a partire dalla consapevolezza della necessità di offrire sul territorio della diocesi di Cremona servizi a sostegno della condizione femminile più fragile: quella che arriva da percorsi di emergenza o di comunità, oppure che vive un’autonomia debole con il rischio di entrare in crisi non appena si presenti qualche situazione di difficoltà. Nel 2011 la “Casa di Nostra Signora” ha concluso la prima fase della propria storia guardando al futuro e, con atto di donazione alla Diocesi, l’Istituto Secolare delle Oblate di Nostra Signora ha passato il testimone. Si è quindi resa disponibile la “Casa” di via Ettore Sacchi perché continui a rispondere, come in passato, alle esigenze delle donne, sia italiane che straniere, in difficoltà e svolga funzione di aggregazione e di collaborazione fra tutte le associazioni che operano a vario titolo sul territorio nei settori della formazione e promozione morale, civile e culturale della donna.

Il Progetto iniziale, con la sua declinazione motivazionale e di orientamento, viene adesso ricalibrato sulla base dell’esperienza concreta ad un anno dall’inizio dell’attività e a seguito di tutta una serie di riflessioni relativamente alla applicabilità delle linee operative a suo tempo indicate.

Il Progetto prevede due tipologie di accoglienza residenziale: sociale e privata, purché femminile. Nella struttura coesistono, seppur in piani separati ed accessibili con percorsi diversi, le camere di alloggio per donne e minori inviati dai Servizi pubblici territoriali e alloggi privati per l’accoglienza di turiste, studentesse, badanti, anziane… L’incontro costante tra la “normalità” ed il “disagio” favorisce in entrambi i soggetti un allenamento costante alla sollecitudine per il prossimo ed una spinta a superare le difficoltà perché una vita diversa è vicina e possibile.

La tensione alla relazione, all’integrazione e all’inclusione delle donne in situazione di fragilità è il filo conduttore di ogni attività della “Casa di Nostra Signora” che, in un’ottica prevalentemente pedagogica, offre occasioni di recupero da un lato e stimoli di riflessione dall’altro affinché la comunità tutta si riconosca il desiderio e l’opportunità di sostenere globalmente e responsabilmente la cura e la promozione di ciascun membro. La “Casa” infatti continuamente offre, anche ad una utenza esterna, spazi per la conciliazione dei tempi famiglia e lavoro, appuntamenti culturali e di svago (concerti, spettacoli, laboratori…), il doposcuola, il laboratorio di arte terapia, appuntamenti per la cura del corpo (ginnastica, yoga della risata…), convegni, momenti di preghiera, incontri di formazione etc.

Caratteristiche del progetto

a.  Il contesto

“Casa di Nostra Signora” è struttura molto interessante dal punto di vista logistico poiché è collocata nel centro storico a due passi dalla maggior parte dei Servizi del territorio: Prefettura, Questura, Tribunale, Anagrafe e Servizi Sociali, INPS… etc. ma è anche prossima alle attrazioni culturali della città: il Teatro Ponchielli, il Museo del Violino, il Museo Diocesano, Il Duomo ed il Battistero col Torrazzo, la Galleria ed i giardini etc …

La Casa è costituita da uno stabile su tre piani, (più due piani di servizio) di circa 3.000 mq complessivi, con giardino interno e parcheggio, da sempre impiegato come luogo di accoglienza e di servizi destinati al mondo femminile. Questo ha messo in movimento l’azione progettuale di cui il presente documento è testimonianza. Essa è frutto dell’azione concorde delle rappresentanti delle organizzazioni cattoliche che sul territorio cremonese operano a favore delle donne; tale coordinamento, sorto in occasione del presente progetto e destinato ad avere una configurazione stabile, ha preso il nome di Tavolo Rosa[1].

Il progetto coinvolge il territorio diocesano che comprende, oltre alla provincia di Cremona, porzioni della provincia di Mantova, di Milano e di Bergamo.

Le parrocchie interessate sono 224.

I comuni appartengono a tutto il distretto di Cremona; a tutto il distretto casalasco, mentre alcuni comuni al distretto di Crema. E anche alla provincia di Bergamo, Mantova e Milano.

I Piani di zona interessati sono 7: Cremona, Crema, Casalmaggiore, Asola, Viadana, Treviglio e Milano.

Tutti i comuni del bacino diocesano possono usufruire dei servizi offerti da “Casa di Nostra Signora” ma anche comuni appartenenti alle aree circostanti sempre in collaborazione con i Servizi Sociali e le Forze dell’Ordine. Per esempio, il Piano di Zona cremonese prevede un potenziamento della rete e delle azioni a contrasto della violenza di genere:

“La violenza di genere esiste, è diffusa e non appare affatto in diminuzione. La strada da percorrere per gli amministratori locali, per tutte le istituzioni, è quella del confronto continuo con la comunità. Non si tratta di cercare il mostro, il deviante, ma piuttosto di interrogare il nostro modo di essere uomini e donne nelle relazioni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato come nella vita almeno una donna su tre nella popolazione mondiale ha subito violenza (di natura fisica, economica, sessuale, etc.) da parte dell’uomo. La legge italiana punisce con norme ad hoc i reati specifici; tuttavia molte donne non percepiscono le azioni violente in quanto tali (…) sette donne su dieci non sanno di subire un crimine e sono quindi dotate di una particolare vulnerabilità. (…) Questi dati ci riconfermano la necessità di sostenere da un lato l’applicazione della norma (il fenomeno è in costante aumento o – quanto meno – è evidente il maggior ricorso alla denuncia da parte delle vittime…) e dall’altro di garantire continuità agli investimenti su politiche preventive e culturali di sensibilizzazione, a partire dalle giovanissime generazioni. Dal 2013 è attivo il Protocollo d’Intesa per la Rete Territoriale per la Prevenzione ed il Contrasto delle Violenze contro le Donne di cui è capofila la Prefettura di Cremona[2]. Il protocollo è stato rinnovato nel 2017 e vi aderiscono diversi soggetti e istituzioni del territorio provinciale, compresi i tre Ambiti Distrettuali. Le finalità del Protocollo sono molteplici: la costituzione di un sistema territoriale integrato per il riconoscimento, l’accoglienza ed il sostegno delle donne vittime di violenze e maltrattamenti, (…). La Rete si è dotata di Linee Guida Operative. (…). Il Progetto A.R.C.A. delle donne: Antiviolenza in rete per condividere percorsi di autonomia finanziato da Regione Lombardia rappresenta l’attuale scenario di lavoro della rete Territoriale. (…)”[3] . Anche Casa di Nostra Signora, attraverso la Caritas Diocesana, partecipa al Progetto A.R.C.A. ospitando da subito donne vittime di violenza intra familiare, partecipando ai coordinamenti territoriali di confronto e stendendo schede di analisi relativamente ad ogni situazione presa in carico al fine di individuare problematiche possibili (e loro frequenza) e sperimentare la validità delle proposte messe in campo.

Relativamente all’esperienza cremonese, le principali tipologie del disagio femminile potrebbero essere così riassunte:

  • Donne di basso status socio-professionale, con problemi relativi alla propria autonomia e al loro inserimento sociale e lavorativo. Si tratta di persone la cui situazione personale e familiare è fragile e precaria. I problemi personali di queste donne spesso si riflettono sul modo con cui vivono la relazione con i figli e gestiscono il compito educativo anche nelle dimensioni più semplici e materiali dell’accudimento, dell’igiene, dell’accuratezza dell’alimentazione. Queste donne, se non adeguatamente supportate, rischiano di cadere in situazioni di grave disagio, da cui è più difficile uscire; spesso hanno alle spalle una storia personale di povertà, di maltrattamento, di violenza;
  • donne e/o madri che escono da percorsi di comunità e che hanno bisogno di essere sostenute materialmente e psicologicamente per poter giungere ad una piena autonomia e non ricadere nelle situazioni che le hanno portate ad aver bisogno dell’accoglienza in comunità;

  • madri portatrici di qualche disabilità o disturbo o ritardo nel pensiero e non in grado di provvedere in modo autonomo al proprio sostentamento, a quello dei figli e alla loro educazione. Gli assegni di invalidità che vengono erogati sono largamente insufficienti a dare autonomia;

  • cresce il numero delle donne che sono vittime della violenza e che subiscono in famiglia maltrattamenti che le inducono a chiedere di esserne allontanate; si tratta di situazioni di emergenza, che richiedono tempestività di valutazione e grande disponibilità all’accoglienza anche dei loro bambini;

  • donne provenienti dalla tratta per sfruttamento sessuale in cerca di un riscatto personale che le costringe a scelte impegnative, che le sottopone ad un percorso che ha numerosi passaggi di notevole durezza;
  • donne portatrici di gravi sofferenze psicologiche, che hanno prodotto scompensi che possono essere affrontati solo con supporti psichiatrici adeguati;
  • donne provenienti da paesi stranieri, con una grande quantità di problemi materiali, giuridici, sociali, oltre ad una grande solitudine. Tra queste, un caso a sé è costituito dalle badanti, molto numerose sul nostro territorio. Si tratta di donne il cui lavoro è legato alla precarietà degli anziani cui prestano assistenza. Se possono far conto su un reddito sufficiente, tuttavia occorre ricordare che sono persone sradicate, sole, disorientate, che vivono con una grande nostalgia della famiglia e del paese di origine e che, di fatto, non si percepiscono né qui né altrove.

A queste situazioni, facilmente identificabili, occorre aggiungere le numerose condizioni di disagio, legate alla fragilità e instabilità della famiglia, alla povertà delle politiche familiari, all’attuale crisi del lavoro, alla difficoltà di conciliare i tempi del lavoro con quelli della cura.

Una riflessione a parte merita la solitudine delle donne anziane che vivono una difficile autonomia legata alla mancanza di alcuni servizi molto semplici ma essenziali: la spesa, la ricetta medica, l’accompagnamento a fare un esame clinico, ecc. Spesso la mancanza di supporti anche organizzativi le spinge verso la scelta di ricovero in residenze sanitarie.

L’analisi del bisogno è stata realizzata attraverso fasi e strumenti di indagine diversificati, avvalendosi anche di una rilevazione condotta attraverso i dati forniti dai rappresentanti dell’associazionismo femminile che ha accettato di prendere parte al Tavolo Rosa, costituitosi in occasione di questo progetto.

Difficile è quantificare il bisogno, essendo impossibile una sua rilevazione esatta. Si è quindi proceduto con una raccolta di informazioni anche attraverso il dialogo con i centri di ascolto della Caritas Diocesana e attraverso la percezione del bisogno da parte delle responsabili delle diverse organizzazioni, quali testimoni privilegiate.

Il Consultorio e il Centro di ascolto Caritas rilevano forme di disagio legate soprattutto alla solitudine da parte di donne che non hanno reti familiari presenti sul territorio e che, soprattutto in occasione della nascita di un figlio, mostrano un forte bisogno di sostegno legato alla fatica dell’autonomia economica, personale, relazionale.

Quanti operano nel settore riconoscono che oggi uno dei bisogni centrali in ordine all’autonomia di donne fragili è quello del lavoro, condizione critica soprattutto per coloro che hanno scarse risorse e che, nell’attuale contesto sociale, sono prive di sostegno, di protezione, di aiuto e sono quindi a rischio di vedere aggravata la loro condizione di difficoltà, fino a forme acute di sofferenza e di disadattamento.

Vi è dunque una serie di bisogni difficile da individuare e soprattutto da quantificare; certamente un fenomeno che ha una consistenza ben superiore a quella delle situazioni di emergenza e che richiede risposte puntuali ma anche scelte strategiche di ampio respiro, dentro un quadro di nuovo welfare comunitario.

b.  Le finalità

Il presente progetto vuole rendere “Casa di Nostra Signora”, ufficialmente inaugurata il 12 novembre 2016 ma di fatto operativa nell’accoglienza residenziale dal 2018, punto di riferimento emblematico dell’attenzione di tutto il territorio cremonese alla condizione femminile, soprattutto nei suoi aspetti più fragili.

Le finalità sociali della sperimentazione, che si rivolge in modo esclusivo e privilegiato al mondo femminile ampiamente inteso (dalla fragilità dell’età adulta al reinserimento sociale post percorsi comunitari, con un’attenzione particolare all’assistenza lieve della persona anziana sola), trova una sua sintesi nella conciliazione dei verbi abitare/educare/lavorare. Sono finalità della sperimentazione l’attivazione di azioni complementari rivolte all’acquisizione di una reale e concreta promozione delle persone accolte, nella consapevolezza dei limiti e delle potenzialità di ciascuno.

c.  Gli obiettivi

Faro guida nella presa in carico di ogni situazione è la definizione delle necessità, la costruzione congiunta (alla donna, ai servizi, alla comunità etc…) di un cammino guidato che tenda al raggiungimento di un cambiamento, di una piena autonomia da parte della donna in termini relazionali e pratici con un sostegno a tutto tondo che miri alla sollecitazione di ogni possibile abilità già nota o ancora sconosciuta (soprattutto non evidente alla donna stessa).

Considerando gli obiettivi del progetto, le azioni possibili vengono così precisate:

  • Presa in carico di donne in situazione di fragilità: donne sole senza lavoro; donne e madri che escono da percorsi di comunità e che devono essere accompagnate verso l’autonomia;
  • Sostegno a madri bisognose di aiuto, anche in vista della conciliazione tra i tempi di lavoro e quelli della cura dei figli;
  • Offerta di riferimento a donne che sono in condizione temporanea di fragilità: badanti, donne straniere bisognose di orientamento in un contesto sociale estraneo;
  • Formazione (per le nuove generazioni, educatori ed operatori sociali, genitori) ad un modo nuovo di pensare la condizione femminile;
  • Offerta culturale alla città su temi attinenti la condizione femminile;

  • Offerta di sostegno relazionale a donne sole, soprattutto anziane.

d. I destinatari

Sono beneficiarie della sperimentazione e della struttura donne in stato di disagio che necessitano di un sostegno e di un accompagnamento temporaneo, ed in particolare:

  • donne in stato di fragilità e difficoltà economica, che necessitano di interventi di accompagnamento, anche in esecuzione di provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria (quale, ad esempio, uno sfratto esecutivo, …);
  • donne in stato di disagio psicologico e sociale che necessitano di uno spazio di tregua e riorientamento;
  • donne provenienti da contesti comunitari ed inserite in un progetto di semi-autonomia e/o di autonomia;

  • donne vittime di maltrattamento/violenza che necessitano di una pronta accoglienza;
  • donne vittime di maltrattamento/violenza con minori;
  • donne con minori provenienti da percorsi umanitari;
  • donne che necessitano di ospitalità per motivi di studio e/o di lavoro e condividono, anche collaborando, le finalità del progetto complessivo.